Shirakawago: un pese incantato in mezzo alle montagne

E’ una delle poche volte in vita mia che mi dispiace non sia inverno inoltrato, con tre metri di neve a coprire tutto il paesaggio. Se Shirakawago è meraviglioso così, mi immagino solo, attraverso le fotografie, quanto possa essere incantevole quando il colore predominante è il bianco.

Le case sono tutte in legno, i tetti di paglia spessi almeno 40 centimetri.

Da Takayama il bus vi ci porta in circa 50 minuti e vi consiglio di partire in mattinata e tornare nel pomeriggio, rimanendo lì per pranzo.

Prima di partire, dopo l’esperienza della colazione tradizionale che è da provare, ma che è tanto curiosa quanto traumatica, ci siamo fermati a fare colazione al caffè Don, un piccolo localino di conduzione familiare che mi ha lasciato il ricordo stupendo di un piccolo antro di mondo, in cui ho sorseggiato un cappuccino di soia e la torta di cioccolato della casa servita con la panna, montata a mano al momento dalla ragazza sorridente dietro il bancone.

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Il pullman partiva proprio di fronte alla stazione alle 10,50. Il prezzo un po’ alto del biglietto vale la cifra che spendete e trovate una cartina appena scesi dal bus, ma potete accarticciarla e buttarla nel primo cestino che incontrate, perchè il paese è così piccolo che a passeggiare in ogni antro ci mettete al massimo qualche ora.

Tuttavia ci sono cose che secondo me non si devono perdere.

Kanda house è una casa che profuma di legna arsa, quella che bruciano per scaldare l’acqua del te che vi offrono. Si paga l’ingresso, 300 yen assolutamente ben spesi e vi accoglie un simpatico signore che lì ci vive. Potete arrivare sino al lucernaio, inebriati dal profumo del fumo e rapiti dal vedere come sono fatte all’interno quelle abitazioni. Io già mi immaginavo come arredarla.

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Usciti dalla visita per noi era ora di pranzo e abbiamo scovato un posticino dall’ingresso nascosto, che vi serve un menù con il piatto del giorno, una bevanda a scelta (che per noi è stata la spremuta di Yuzu) e il Zenzai, una zuppetta dolce di azuki. Ochudo è un piccolo caffè in cui c’era quasi tutta gente locale, che ospita una dozzina di posti a sedere e che è proprio dentro una delle case in stile gassho.

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Con la pancia piena ci siamo poi diretti al view point dove si ha una bellissima vista del villaggio dall’alto e siamo ridiscesi dal sentiero nel bosco, abbiamo raggiunto il fiume e ci siamo messi con i piedi a bagno nell’acqua piacevolmente gelida. Poi siamo fuggiti dalla pioggia non appena ha iniziato a diluviare, aspettando il bus bagnati come pulcini. E forse è solo in quel momento che ho ringraziato che non fosse inverno e fosse invece estate e con 30 gradi all’ombra.

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