Penang e Georgetown, la perla della Malesia
Penang è un’isola ad ovest della Malesia, la “capitale” è Georgetown
Penang Ha un fascino molto particolare, oserei dire “tutto suo” rispetto al resto della Malesia e dell’Asia. E’ chiamata non ha caso “la perla della Malesia” perchè è un gioiellino nascosto a ovest della penisola.
Mi sono lasciata alle spalle il Vietnam, i suoi paesaggi meravigliosi, il caldo umido, la spiritualità. E sono atterrata da Hanoi, in Malesia, a Penang: è la prima tappa. Non ne farò molte, solo tre, ma la vita è lunga e so che tornerò perchè la Malesia è grande e sfaccettata, oltre che divisa.
Passerò qui due notti. Dormo in Love Lane, la via dei localini che di notte si popola un po’ di vita, in cui ho passato due sere ascoltando musica dal vivo da Holy Guacamole: è un ristorante messicano in cui sostanzialmente non sarei venuta a mangiare, ma mi sono innamorata delle vibrazioni del ragazzo che cantava, della sue voce. Quindi sono semplicemente rimasta rapita.
Primo giorno
Atterrata all’aeroporto di Penang verso l’ora di pranzo e passati i controlli passaporto, ho preso un Grab fino al’ostello.
Doccia necessaria e mi sono avviata verso Art Street: non è una vera e propria strada ma più un piccolo quartiere dove si trovano murales di ogni tipo nascosti tra le vie.
Torno verso l’ostello, mi rilasso e cammino tra lo street food che si trova ovunque, tra una cosa e l’altra, è già ora di cena.
Ho perso un po’ di tempo a capire come muovermi per i giorni successivi e alla fine andrò nelle Cameron Higlands e poi alle Perhentian per prendere l’advanced open water per le immersioni. Non è stato tempo sprecato affatto.
Secondo Giorno
Vado al Chow rasta Market, un piccolo mercato nascosto molto carino, dove si può comprare un po’ di frutta. Se vi piace il durian, qui ne hanno di buonissimi. Se non vi piace o non l’avete mai assaggiato, dovete comunque provare.
Alle 12 ho prenotato il The Gravityz: è un’esperienza fighissima al 65° piano del Komtor, la torre più alta dell’Asia. Legata con delle corde di sicurezza come per arrampicare ti sbilanci fuori dal cornicione, nel vuoto, fai la zip line, ti siedi semplicemente a guardare all’ingiù. Meraviglioso, adrenalina pura. Non avevo mai toccato così una città dall’alto, sempre vista attraverso grandi vetrate o con delle barriere.
Sulla via del ritorno mi fermo a mangiare una bowl di frutta e granola da Fresh, un piccolo locale che le fa declinate in diverse opzioni. E’ buonissima. Ho ancora mezza giornata: decido di andare al Kek si Lot, il tempio sulla collina, uno dei templi più grandi dell’Asia.
Si può optare anche per salire proprio sulla Penang Hill tramite una funicolare, godendo di un bel panorama, ma nulla togliendo a quell’altitudine, dopo i 232 metri della mattina, decido che non ne vale la pena.
Per tornare scelgo di prendere il bus. Tanto non ho connessione e non potrei prendere un Grab. Il 201 porta a Love Lane. Lo scopro dopo mezz’ora di vagare a caso, quando provo a salire sul bus ma accettano solo soldi esatti e non danno resto: costa 1,5 o 2 RM.
Nuova cosa imparata: portarsi dietro gli spicci, sempre. Altrimenti, sei fregato.
Scendo, incontro un francese che vive qui sei mesi l’anno: mi paga lui il biglietto. Facciamo il viaggio insieme parlando delle rispettive vite. Scopro che era un cuoco e ha girato il mondo. Parliamo di libri, filosofia, vita.
Poi mi dice che qui a Penang c’è uno dei Dim Sum più buoni di tuta l’Asia: infondo, metà della popolazione malese sono cinesi.
Decidiamo di provarlo insieme anche se lui lo conosce già bene e, in effetti, vale davvero la pena. E’ buonissimo.
Ormai è sera, torno in ostello, mi faccio la doccia ed esco ancora. Mi fermo di nuovo da Holy Guacamole per la musica dal vivo e passo la serata a chiacchierare con due malesi che mi offrono da bere e olandesi qui in vacanza.
Domattina ho il bus alle 8 per le Cameron Highlands, seconda tappa in Malesia, ma andarmene da Penang, devo ammettere che mi dispiace…