Nel mondo di Stéphane Klein
Ci ho messo un po’ a riportarlo, e aspettavo fosse pubblicato su Pasticceria Internazionale. Mi avete chiesto in tanti consigli se andare o no, come ho vissuto questi tre giorni. Beh, dalle mie parole lo capirete… Buona lettura.
“Se la partenza è dall’Italia ci sono diverse opzioni: treno, aereo e macchina. Qualsiasi scegliate, sappiate che comunque il viaggio sarà lungo, ma questo non deve fermarvi, anzi, è un po’ come il detto: “se vuoi essere bella, devi soffrire”. E d’altronde, lo zucchero è proprio questo. Mani bruciacchiate e stanche con una grande soddisfazione per queste “ferite di guerra”.
L’atelier della Pasticceria Klein e la rispettiva scuola si trovano a Belfort, un paesino della Francia non troppo lontano da Strasburgo e da Basilea, ma l’aeroporto più vicino è proprio quello svizzero, poi ci si deve muovere in treno, cambiandone più di uno.
La pasticceria cioccolateria è di fronte alla stazione nell’avenue Wilson 19, ed è un piccolo antro di altri tempi. Avvicinandosi alle vetrine già si possono osservare roteare sotto le teche trasparenti alcune sculture che sembra vogliano parlare mentre le fissate negli occhi dall’espressione viva, e appena entrati pare di essere proiettati in un piccolo angolo di fiaba. Una ventina di pièce sono dislocate qui e là nel locale, solo qualche tavolino è all’interno sul fondo della sala, e lo spazio sarà in tutto poco più di una trentina di metri quadrati. La mamma di Stéphane e la moglie, vi accolgono col sorriso al bancone e vi servono per farvi assaggiare le loro specialità. Sono sorridenti, dietro ai loro grandi occhiali rotondi, e paiono meravigliosamente uscite da una delle storie raccontate nello zucchero della famiglia Klein. Principalmente il focus è sul cioccolato e sulla confetteria, anche se tra le proposte della vetrina c’è anche qualche monoporzione tipica della casa (come la piccola cupola glassata al cioccolato e appoggiata su un tronchetto di mousse fondente spruzzato effetto legno o la tarte citron con crema al limone, lampone e meringa fiammata) e qualche viennoiserie come i pain au chocolat e i tipici croissant francesi. Curiose sono le caramelline di zucchero tirato, che giustamente non potevano mancare, e che hanno in diversi gusti e ripieni, la pralineria con una gamma molto vasta (69€ al chilo), i caramelli, e le paste di frutta a forma di ravioli (64€ al chilo).
Il figlio di Stéphane, Paul, è sicuramente figlio d’arte, ma completa il quadro con un’abilità strepitosa nella lavorazione del cioccolato, di cui tiene anche corsi che si alternano a quelli dello zucchero del papà.
Il mondo di Stephane, tuttavia, è quello dietro la boutique. La sua scuola è il luogo in cui sembra essere davvero a suo agio, qualsiasi cosa accada. Ci racconta che ha ancora tutte le piece fatte nei corsi in un magazzino che funge sostanzialmente da museo. Deve essere una stanza che dà i brividi solo a metterci piede dalla magia, silenzio e austerità che aleggia nell’aria.
Lui è un omone col sorriso, e con le mani grandi probabilmente quanto il cuore. Da quelle dita crea oggetti e soggetti dai particolari strabilianti, tanto perfetti e animati che non ci si capacità di come sia davvero possibile. Non credo abbia eguali al mondo perché è come se non fosse lui a fare zucchero, ma lo zucchero ad uscire dalle sue mani, come il marmo per Michelangelo. Con la differenza che lo scultore toglieva pezzi di pietra dal grande blocco, mentre qui, con lo zucchero, si aggiunge con la tecnica del pattinaggio, ossia si crea una fusione dei diversi pezzi affinché paiano un pezzo unico senza giunture. La grande differenza con tutti gli altri professionisti di questo ambito è che lui lavora in piccolo. A volte quasi nel minuscolo. Ed è molto più complesso. La dimensione ridotta fa sì che sia necessaria una cura nei particolari maniacale, che nel grande viene senza dubbio decisamente semplificata.
Lo stage dura sei giorni, in questo caso si trattava di quello ikebana, e il tema scelto volta è stato il Messico.
Che dire, credo sia un esperienza che chi ama questa materia debba fare almeno una volta nella vita, ma con cognizione di causa. Se si è alle prime armi sconsiglio in parte di venire, non perché non sia fattibile, ma perché non se ne godrebbe appieno le caratteristiche e le potenzialità, dato che il programma da fare è vasto e le tecniche lunghe e complicate. L’orario di lavoro va circa dalle 7 del mattino ad un orario indefinito tra le 21 e le 23, immagino a seconda della velocità del gruppo e dei corsisti. È stancante almeno quanto entusiasmante e appagante, e sono dell’idea che gli orari, per certe materie come lo zucchero, siano qualcosa di davvero superfluo. O debbano essere tali se lo si vuole fare in maniera importante. Perché questa materia ha la capacità di rapirti senza farti percepire le ore che scorrono. E lui è lì, sulla sua sedia a capotavola, a lavorare come se tempo, stanchezza e spazio non esistessero affatto.
Cosa si fa in questi giorni? Tutto. Diciamo che il lavoro è favorito dall’assistente di Stéphane che prepara in anticipo quelle lavorazioni semplici che farebbero sprecare molto tempo, mentre i corsisti si concentrano sulle tecniche più complesse e avanzate. Si parte dal pezzo più semplice e si termina la domenica con quello più articolato. In totale si fanno quattro sculture alte una ciquantina di centimetri, quattro tipologie di fiori, tre soggetti soffiati, la tecnica del pvc, un po’ di pastigliaggio, i nastri e tante piccole accortezze e trucchi necessari per completare i lavori.
Al buffet finale, con tutte le sculture esposte, ogni corsista parla nella propria lingua dell’esperienza appena vissuta. Oltre i ringraziamenti, doverosi, l’unica cosa che mi sono sentita di dire e che credo basti a far comprendere esattamente di cosa si tratta il mondo di Klein è che “questo è il luogo perfetto per innamorasi ancora di più di ciò che già si ama alla follia, perché c’è chi l’amore te lo trasmette in tutto ciò che fa: è colui che è stato in grado di fare della propria passione la propria vita. E penso che non ci possa essere esempio migliore”.”